Acidità di stomaco: i farmaci per combatterla possono danneggiare i reni

I detrattori della medicina tradizionale commenteranno la notizia con un secco “Ve l’avevamo detto”: i farmaci utilizzati abitualmente per combattere reflussi gastrici e acidità di stomaco hanno evidenziato infatti nuove controindicazioni. Alcune recenti ricerche hanno dimostrato che i cosiddetti IPP (Inibitori della Pompa Protonica), a cui appartengono i vari pantoprazolo, lansoprazolo ed omeprazolo, nel medio e lungo periodo diventano dannosi per le funzionalità renali. Per chi li assume il rischio sale addirittura del 50 per cento. La notizia preoccupa principalmente per un motivo: quella degli IPP è una categoria farmaceutica estremamente diffusa in tutto il mondo. Basti pensare che in Italia almeno 15 si situano tra i primi 30 principi attivi prescritti in classe A, mentre negli Stati Uniti sono al terzo posto tra i medicinali più venduti e ogni anno vengono emesse più di 110 milioni di prescrizioni.

Finora gli IPP erano considerati assolutamente sicuri. Recenti studi hanno purtroppo messo in discussione tali certezze collegandoli a problemi renali cronici e alla perdita di magnesio (il quale è un oligoelemento necessario a molte funzioni dell’organismo). Vista la loro diffusione, i possibili problemi riguarderebbero una fetta davvero consistente della popolazione. Uno dei principali autori di queste ricerche è il dottor Morgan Grams dell’Università John Hopkins di Baltimora, il quale ha voluto puntualizzare che gli effetti collaterali sono rari ma in ogni caso non devono essere sottovalutati: “Dato l’ampio uso di IPP, effetti collaterali anche rari possono influenzare un gran numero di persone. Per questo credo che sia necessario procedere con giudizio”.

Finora le uniche controindicazioni al pantoprazolo o al lansoprazolo erano possibili mal di testa, vertigini, insonnia e dolori addominali. Nulla di grave, in fondo. Coinvolgere le funzionalità renali peggiorerebbe decisamente la situazione. I dati emersi dello studio presentano tuttavia dei limiti: i risultati più preoccupanti riguardano una particolare fascia della popolazione ovvero quella di 60-65 anni. Per gli altri il rischio di incappare in problemi renali cronici sale solamente del 4-5 per cento. Poiché spesso l’utilizzo degli IPP è necessario, come procedere senza correre rischi? Misurando i livelli di magnesio e creatinina nel sangue all’inizio del trattamento, ripetendo le analisi ogni 12 mesi.

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