Martino Beria, chef vegano: “Il mio unico integratore è la cultura” [ESCLUSIVA]

La nostra intervista esclusiva allo chef vegano Martino Beria che ci racconta le basi di una cucina cruelty free, sana e gustosa

Si sta per laureare in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione presso l’Università di Padova ed è da poco diventato papà. Parliamo di Martino Beria, noto chef vegano, autore del menu cruelty free per la Lav (Lega antivisezione) di Pasqua. Ma non solo, perché Martino ha scritto Vegano Gourmand (edito da Gribaudo – Feltrinelli) ed è il fondatore del sito www.lacucinavegetariana.it. Da diversi anni, collabora con riviste, tiene show cooking e corsi in tutt’Italia e all’estero, con lo scopo di divulgare una nuova gastronomia vegan. Noi lo abbiamo intervistato per chiedergli il perché della sua scelta e farci dare qualche consiglio, rigorosamente gourmet.

Per prima cosa da cosa nasce la sua scelta di diventare vegano?
Sono diventato vegano dopo un’anno di vegetarianismo. All’epoca avevo incontrato la filosofia buddhista cosa che mi ha fortemente sensibilizzato nei confronti della sofferenza degli esseri viventi. Dopo un anno di prove e ricerche ho compreso come l’essere vegetariano fosse solo uno step intermedio per arrivare all’ovvio cambiamento.

Perché “vegano” e non soltanto “vegetariano”?
Come vi raccontavo prima, l’alimentazione vegana è l’ovvia conseguenza di una sensibilizzazione verso la sofferenza degli altri esseri (animali e umani). La produzione di latte, uova e miele è sbagliata già nel termine “produzione”, in quanto denota un qualcosa di imposto dall’Uomo. La domanda che non ci si pone spesso è: “ma chi è l’uomo per decidere di produrre carne e far produrre latte massivamente?”. Solitamente si risponde: è tradizione, è giusto, l’uomo è superiore agli animali, è necessario, è buono. Chiaramente in queste risposte non si trova un vero giustificativo alla produzione massificata ed estremizzata alla quale siamo giunti oggi. Per non aggiungere che a livello ecologico la produzione animale intensiva non è più sostenibile.

Quindi alla base c’è una motivazione principalmente etica…
Come chef il cambiamento mi stuzzicava moltissimo: vedevo la necessità in Italia di dare una valida proposta qualitativa nel mondo del food. Così mi sono messo a fare ricerca e a creare piatti appetitosi, nutrizionalmente completi, colorati e che possano legarsi alla tradizione.

Quali sono stati i miglioramenti sulla sua salute?
Ho finalmente risolto il problema di gonfiore costante che mi davano i latticini. Cessando di consumarne ho scoperto di essere carente dell’enzima lattasi, non potevo quindi scindere il lattosio e usare nel mio metabolismo i due monogliceridi costituenti, con conseguenti disturbi poco piacevoli.
In seguito all’eliminazione della carne ho notato un abbassamento della mia aggressività, sono convinto che sia dovuto a una disintossicazione dagli ormoni animali e dalla paura e dolore che mangiavo assieme alla carne.

Cosa pensa delle polemiche che ruotano intorno alla cucina vegana?
In un momento di transizione come questo le polemiche sono all’ordine del giorno, purtroppo spesso e volentieri vengono strumentalizzate dai media per ottenere audience a discapito della qualità dei contenuti. Credo che per fare polemica ci voglia una controproposta costruttiva che non implichi la sofferenza di alcun essere senziente, cosa difficilmente possibile. Dal mio punto di vista non c’è margine di discussione. Oltretutto, per polemizzare sulla non sostenibilità della dieta vegana da un punto di vista nutrizionale, ci vogliano studi specifici di nutrizione, i quali portano necessariamente a comprendere come abbinando equilibratamente i vari alimenti si possa assumere tutti i nutrienti, senza necessità di integrazione.

Ci tolga una curiosità, lei prende integratori?
Assolutamente no. Non è necessario: il mio unico integratore è la cultura!

Quali sono i punti forti della sua cucina?
Mi baso sempre sul “principio di scomposizione ed accostamento” il quale dice che il cibo va prima analizzato secondo due ambiti: quello umanistico e quello scientifico. In questi due ambiti abbiamo delle chiavi di lettura le quali sono: principio estetico, principio geografico, principio storico-simbolico, principio tecnologico, principio reologico, principio nutrizionale. Seguendo questi passi posso scomporre un piatto che mi si presenta davanti e posso allo stesso tempo capire come accostare il cibo per creare le mie ricette. Sostanzialmente mi chiedo sempre il “perché” delle cose che faccio o che accadono attorno a me.

martino 1

Si dice che in Italia sempre più persone scelgano di abbandonare la carne. Secondo lei questo sarà il futuro?
Prevedere in un ambiente così incerto non è semplice, sicuramente la sempre maggior cultura della popolazione porta ad un aumento conseguente della sensibilità e ad un abbandono della carne, e successivamente dei derivati animali. Non mi stupisce, per esempio, che un’azienda come la Granarolo pubblicizzi bevande vegetali (prodotti “per vegani”) invece di sponsorizzare il latte, core business dell’azienda.

Infine, una ricetta per VelvetBody che sia facile da realizzare anche per chi non conosce perfettamente gli ingredienti vegan?
Vi propongo questa ricetta davvero facilissima e velocissima, una tartare di zucchine e avocado apparentemente ricercata, dai pochi e semplici ingredienti.

tartare-di-zucchine

Photo Credits Ufficio Stampa