Emma, drogata e stuprata dal padre. Lui la chiamava “Moglie”

Il papà è sempre una figura quasi mitologica per le figlie femmine, che lo vedono come un eroe pronto a proteggerle nelle difficoltà della vita. Lo credeva anche Emma, che però ha dovuto ricredersi.

Si chiama Emma Burt e ha voluto rinunciare all’anonimato per raccontare a tutti la sua adolescenza fatta di abusi e violenze. Quando aveva 15 anni, in seguito ad un brutto litigio avuto con la madre, la ragazza aveva deciso di andarsene di casa per trasferirsi dal padre. Lui ovviamente aveva accettato di buon grado e l’aveva accolta a braccia aperte. L’idillio padre-figlia, tuttavia, si era spezzato in fretta. L’uomo aveva cominciato ben presto a costringere la figlia ad assumere delle droghe, soprattutto anfetamine e cocaina. Questo le aveva creato una vera e propria dipendenza che le offuscava perennemente la testa e le impediva di essere sufficientemente lucida per reagire (LEGGI ANCHE: COPPIA IN OVERDOSE DENTRO L’AUTO: SUL SEDILE POSTERIORE C’ERA IL FIGLIO DI 4 ANNI).

Sì, perché oltre alla droga forzata c’è di più: il padre aspettava che Emma perdesse i sensi per approfittare del suo corpo e stuprarla. Quando i due passavano del tempo insieme, lui era solito chiamarla ‘moglie’. La storia è andata avanti per anni e la ragazza non ha potuto che ammettere le sue debolezze: “Ero arrivata a dipendere dalle droghe. Non capivo cosa stesse succedendo perché ero drogata”. Poi, ad un certo punto, la povera malcapitata è riuscita a dire ‘basta’ ed è scappata.

Emma, drogata e stuprata dal padre. Lui la chiamava "Moglie"

Nel 2014 ha prima tentato il suicidio, buttandosi da un ponte: Emma voleva solo “porre fine a tutto il dolore”. Per fortuna non è riuscita a togliersi la vita e il passo successivo è stato decisamente più costruttivo. È andata dalla polizia e ha denunciato il padre, Christopher Wayne Edwards. L’uomo è stato condannato a 12 anni di carcere ed Emma, ormai diciannovenne, sta cercando di risvegliarsi dall’incubo nel quale si era ritrovata. Rinunciare all’anonimato è stato un gesto forte, proprio com’è forte il suo animo: a volte l’orco può trovarsi in casa propria ma bisogna avere il coraggio di parlare e di porre fine ad ogni abuso senza paura né vergogna.

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