Il rapporto tra medico e paziente si deve basare sul dialogo e l’importanza delle parole. Questo è quanto emerso dalla ricerca della Fondazione Giancarlo Quarta onlus sul dialogo e la guarigione che passa anche attraverso le parole. “Un concetto emerso dagli studi di neurobiologia, che abbiamo già dimostrato e che ora stiamo approfondendo è che invitare un paziente a credere fortemente in un trattamento può produrre reali benefici terapeutici“, dice Fabrizio Benedetti, neurofisiologo dell’Università di Torino, dipartimento neuroscienze.
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Le malattie che beneficiano del dialogo sono il morbo di Parkinson, il cancro e qualsiasi malattia che porta con sé molto dolore fisico: è stato dimostrato che le parole bloccano la produzione di un enzima che provoca la sensazione di dolore, hanno quindi lo stesso effetto benefico di un’aspirina. Altri studi hanno dimostrato che alternare un farmaco vero a un farmaco placebo permette, nel lungo periodo, di dimezzare le dosi del farmaco contenente principi attivi: questo vuol dire che suggestioni positive e incoraggiamenti servono a curare.
Questo studio è importante anche per modificare il rapporto medico paziente, molto spesso freddo e limitato alla cura. Un medico empatico, che dialoga, spiega, incoraggia, aiuta il malato a stare meglio e a reagire alla cure. “Oggi la figura del luminare non esiste più. Per comunicare in modo efficace servono empatia e passione. Così facendo il medico è più gratificato, il paziente lo segue e, forse, guarisce di più“, spiega il sociologo Michele Oldani. La ricerca continua e in futuro si spera di poter ridurre il numero di farmaci sostituendoli con suggestioni positive e parole di sostegno. Il futuro è nell’ottimismo, anche per curare le malattie più gravi.
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