
Focolaio di Covid in un allevamento di visoni: quali sono i rischi per la salute umana? - ©ANSA Photo
Il Covid-19 continua a presentare sfide significative, e l’emergere di un nuovo focolaio in un allevamento di visoni a Capergnanica, tra Lodi e Crema, ha sollevato preoccupazioni sia per la salute pubblica che per la sicurezza alimentare. La notizia, diffusa dalla LAV (Lega antivivisezione), si basa sui risultati dei tamponi effettuati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (Izler) tra settembre 2024 e gennaio 2025, che hanno rivelato la positività al virus SARS-CoV-2. Sebbene il focolaio fosse già noto dall’ottobre 2024, le autorità sanitarie non avevano comunicato alcuna informazione al riguardo, portando all’abbattimento di circa 900 visoni.
La situazione attuale è allarmante: “Quello che rimane oggi sono solo cumuli di escrementi, accessibili anche agli uccelli selvatici, e dannosi per la salute pubblica. Questi rifiuti devono essere trattati e smaltiti come rifiuti pericolosi”, avvertono i rappresentanti della LAV. Questo solleva interrogativi sulla gestione della salute pubblica, poiché i focolai di coronavirus negli allevamenti di visoni non sono una novità.
Focolai di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni
Non è la prima volta che si registrano focolai di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni in Italia. Dalla fine del 2020, sono stati documentati cinque focolai significativi, tra cui:
- Capralba (Cremona) – 2020
- Villa del Conte (Padova) – 2020 e 2021
- Galeata (Forlì-Cesena) – 2022
- Calvagese della Riviera (Lombardia) – 2023
Nonostante l’implementazione di misure di biosicurezza e il divieto di allevamento di visoni e altri animali da pelliccia in Italia a partire da gennaio 2022, la presenza di questi allevamenti continua a rappresentare un rischio significativo per la salute pubblica.
Appello della LAV e implicazioni per la salute pubblica
In questo contesto, la LAV ha lanciato un appello urgente al governo italiano per liberare gli ultimi 400 visoni ancora presenti in condizioni di allevamento intensivo. L’associazione sottolinea che “la catena di contagio uomo-visone-uomo è l’unico spillover documentato al mondo di SARS-CoV-2”. Questa affermazione è supportata da un dossier pubblicato dalla LAV nel 2022, intitolato ‘Fashion spillover’, che evidenzia l’inefficacia delle misure di biosicurezza nel prevenire l’introduzione di virus negli allevamenti di animali particolarmente suscettibili come i visoni.
La questione della sostenibilità e della salute pubblica
Il documento della LAV evidenzia che, ad eccezione dei visoni, attualmente non ci sono prove scientifiche che identifichino altri animali come ospiti intermedi nel salto di specie dal pipistrello all’uomo. Le condizioni degli allevamenti di pellicce in Europa, pur essendo teoricamente “ben regolamentati”, non si discostano molto da quelle dei wet market o degli allevamenti cinesi, dove gli animali sono frequentemente ammassati in spazi angusti e precari. Questo solleva interrogativi non solo sul benessere animale, ma anche sulla salute pubblica e sulla sicurezza alimentare.
La situazione richiede una vigilanza continua e un monitoraggio costante negli allevamenti. È fondamentale che le autorità sanitarie e gli organismi di controllo siano in grado di intervenire rapidamente per contenere eventuali focolai e prevenire il rischio di trasmissione all’uomo. Ciò implica l’adozione di misure di biosicurezza più rigorose e una maggiore trasparenza nella comunicazione riguardo i risultati dei test e le misure adottate.
Il dibattito sulla sostenibilità degli allevamenti di animali da pelliccia è in crescita, con un numero crescente di attivisti e organizzazioni che chiedono una revisione delle politiche attuali. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce le fragilità dei sistemi alimentari e delle pratiche di allevamento, evidenziando la necessità di un cambiamento radicale nelle modalità di produzione e consumo.
È fondamentale che il governo e le autorità sanitarie considerino le preoccupazioni espresse dalla LAV e da altre organizzazioni per la protezione degli animali. Solo così sarà possibile garantire la sicurezza della salute pubblica e promuovere un futuro più sostenibile e responsabile nel settore dell’allevamento. La sfida consiste nel trovare un equilibrio tra le esigenze economiche e quelle etiche, affrontando seriamente le implicazioni di un settore sempre più critico nel dibattito pubblico.