Farmaci inefficaci, il costo deve essere rimborsato

Per permettere al Servizio sanitario nazionale di rientrare nella spesa di terapie molto costose e a volte inefficaci, l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha messo in atto una strategia di “condivisione del rischio” in base alle quale le case farmaceutiche dovrebbero restituire tutto, (o una parte) del capitale che il sistema sanitario ha speso per cure non efficaci. Solitamente però questo rimborso non avviene e la colpa è delle regioni che non attuano il recupero del credito.

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Le uniche regioni che hanno politiche di recupero del credito adatte sono Emilia-Romagna e Lombardia, mentre le altre regioni recuperano sono una minima parte dei soldi spesi. “D’altronde il meccanismo è complesso. Si fonda su documenti (le schede Aifa ) che devono essere compilate dagli oncologi, poi valutate e completate dai farmacisti ospedalieri. Se, per esempio, un malato ha fatto due cicli di cura invece dei quattro inizialmente previsti, perché magari la terapia non è stata efficace oppure non è stata tollerata, si deve inviare una scheda per il rimborso alla casa farmaceutica, dove esistono uffici che esaminano il documento e provvedono alla restituzione dei soldi all’Azienda Sanitaria che ha comprato il farmaco“, dice Carmine Pinto presidente del’Aiom (Associazione italiana oncologi medici).

Il problema principale sembra essere la difficoltà dei questionari proposti dall’Aifa e il compito non facile dei medici che li devono compilare. Inoltre recentemente è stato cambiato il fornitore che gestiva i dati per conto dell’Aifa e molti dei dati passati sono stati persi; si chiede quindi un impegno per semplificare i questionari ma anche un aiuto da parte dei medici. Molto spesso, infatti, vengono prescritti molti farmaci, di cui alcuni inefficaci per determinate patologie, con un costo enorme per il paziente e per il Servizio sanitario nazionale.

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