Terremoto, come parlarne con i bambini ed aiutarli a superare il trauma

Sono passati dieci giorni da quando la terra ha tremato nel centro Italia: erano le 7.40 del 30 ottobre, e da quel momento la vita di numerose persone è cambiata radicalmente. La macchina dei soccorsi ha risposto prontamente. Merito di un team di soccorritori costituito da diverse professionalità che si è mosso in un’unica direzione, quella di salvaguardare quanti hanno perso tutto: in aiuto dei terremotati sono scesi in campo medici infermieri, operatori del 118, della protezione civile, della Croce Rossa, delle forze dell’ordine, degli enti locali e del sistema sanitario nazionale, delle organizzazioni di volontariato, educatori e medici. Di questo elenco fanno ovviamente parte anche i pediatri. 

“L’impeto travolgente e distruttivo del terremoto destabilizza – spiega la Dottoressa Mery Azman, esperta in counseling a Milano – incute sconcerto e diffonde una sensazione di impotenza; ridisegna la geografia del territorio, cancella i ricordi, segna in maniera incisiva la memoria storica del luogo e intacca le stesse radici culturali, sociali e lavorative degli abitanti: in altre parole, cancella i punti di riferimento e impone l’accettazione inoppugnabile di perdite umane e materiali e l’adattamento a nuove abitudini di vita. Compito delicato e gravoso del pediatra – prosegue – è quello di sostenere i genitori affinché, a loro volta, possano aiutare i propri figli a superare i momenti più critici.

Ecco, in sintesi, qualche indicazione pratica messa a punto dai medici della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) per parlare di terremoto con i bambini, tenendo presente che ognuno di loro ha una sensibilità e un vissuto propri:

  • Valorizzare gli esempi di solidarietà, non soltanto dei vicini e di chi è presente sul territorio ma dell’intera nazione: il calore umano dà forza e aiuta a vincere il senso di solitudine e abbandono che tende a diffondersi spontaneamente dopo una catastrofe
  • Trovare spunti in grado di creare aspettative stimolanti e tali da giustificare sofferenze e disagi di cui è sempre opportuno sottolineare il carattere di eccezionalità e temporaneità: si ricostruirà una casa più bella e sicura, in cui il bambino potrà proiettarsi con la sua fantasia, la scuola sarà colorata e spaziosa, il paese risorgerà sarà più bello di prima e così via
  • Individuare sempre gli aspetti positivi di ogni situazione, evitando di manifestare apprensione: le case provvisorie, per esempio, pur senza offrire tutti i comfort, promuovono la socializzazione, creando vere comunità in cui tutto, dalle gioie ai timori, dalle ansie fino alle speranze, viene condiviso
  • Utilizzare approcci differenti a seconda dell’età del bambino: ai più piccoli, per spiegare il terremoto, possono bastare racconti di fantasia, mentre ai più grandi è fondamentale illustrare come comportarsi durante una scossa sismica ed eventualmente prestare aiuto a chi ne dovesse avere bisogno. In ogni caso è bene rispondere a ogni domanda, anche se ripetitiva, cercando di comprenderne la ragione intima
  • Aiutare sempre il bambino a esternare ciò che prova e a dare un nome alle proprie emozioni, facendolo sentire protetto: il disegno, per esempio, è un ottimo strumento espressivo in ogni fascia d’età, che può assumere una valenza perfino terapeutica.
  • È sempre opportuno che sia il bambino a gestire i propri ricordi: non è produttivo rievocare le sue reminiscenze o esprimere nostalgia per ciò che non esiste più, ma vivere piuttosto nel presente guardando al futuro e lasciando che sia lui a manifestare, in maniera più o meno diretta, le sue paure e i suoi bisogni di rassicurazione
  • Un messaggio importante è che i terremoti, al pari di nubifragi, uragani o siccità, sono eventi naturali e in alcuni luoghi si verificano con maggiore frequenza o probabilità, ed è importante essere preparati ad affrontarli: i genitori sono un modello di riferimento per i bambini e la ripresa il più precocemente possibile delle ordinarie attività quotidiane, nella misura del possibile, nonché un impegno concreto, qualunque esso sia, nel dare aiuto chi ha più bisogno sono esempi eloquenti e istruttivi
  • Intercettare e segnalare al pediatra i possibili segnali di ansia e disagio che, in molti casi, sono mascherati da sintomi senza apparente causa organica, quali per esempio, mal di testa, mal di pancia, diarrea, dolori più o meno vaghi, che potranno richiedere un approccio specifico.

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