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Scompenso cardiaco: nuovo farmaco riduce le morti del 20%

Gli scompensi cardiaci coinvolgono un milione di italiani ogni anno, provocando circa 190mila ricoveri: un nuovo farmaco riduce la mortalità del 20 per cento e aiuta ad affrontare il problema.

Lo scompenso cardiaco è un problema di salute pubblica destinato ad ingigantirsi col passare degli anni a causa dell’invecchiamento della popolazione e del progresso nel trattamento delle malattie cardiovascolari (in particolar modo coronopatie e valvulopatie, ovvero patologie riguardanti arterie coronarie e valvole cardiache). Al momento ad esserne interessato è l’1-2 per cento della popolazione, equivalente a circa 1 milione di individui per un totale di 190 mila ricoveri ogni anno. Volendo monetizzare la spesa sanitaria si arrivano a contare oltre 3 miliardi di euro l’anno.

Tra le malattie di natura cardiovascolare, lo scompenso cardiaco rappresenta la prima causa di morte in Italia con una mortalità che tocca il 40-50 per cento a distanza di 5 anni dopo un ricovero. La notizia di un nuovo farmaco che riduce il tasso di mortalità del 20 per cento (rispetto alle altre terapie di riferimento) è stata accolta di conseguenza con unanime approvazione. Per di più sarà totalmente rimborsabile per i pazienti. Composto da Sacubitril e Valsartan, esso determina un prolungamento della sopravvivenza e rappresenta la prima grande innovazione registrata nel settore negli ultimi 15 anni.

Il successo di questa terapia deriva da un cambiamento radicale nell’approccio alla malattia: da inibizione a modulazione neuro-ormonale. A confermarne il successo sono stati i risultati riportati da PARADIGM-HF, il più grande studio clinico mai condotto nell’ambito appunto dello scompenso cardiaco. Dopo aver coinvolto circa 8400 pazienti in tutto il mondo, i numeri positivi sono stati confermati con entusiasmo. Gli esperti continuano ovviamente a specificare che resta necessaria una diagnosi che sia il più accurata possibile e, quando possibile, la risoluzione della causa dello scompenso. Il farmaco tuttavia può adattarsi ad un terzo dei pazienti e, essendo frutto della ricerca Novartis, verrà prodotto in Italia (nello stabilimento di Torre Annunziata, Napoli) per l’intero mercato mondiale ad accezione di quello statunitense.

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