Condizioni di conservazione del vaccino più flessibili: per EMA fino a 31 giorni

Importanti novità potrebbero riguardare presto il vaccino Pfizer. In una nota pubblicata il 17 maggio il comitato per i medicinali per uso umano dell’EMA ha pubblicato una nuova nota. In questa si riportano le nuove modifiche proposte alle condizioni di conservazione approvate di Comirnaty. Stando alle ultime informazioni, dunque, il vaccino Covid-19 sviluppato da BioNTech e Pfizer può essere conservato più a lungo e in condizioni diverse. Si tratta di novità che che faciliteranno la manipolazione del vaccino nei centri vaccinali in tutta l’Europa.

Condizioni di conservazione del vaccino Pfizer più flessibili: per EMA fino a 31 giorni

Finora proprio le condizioni raccomandate per la conservazione del vaccino Pfizer ne hanno reso la somministrazione più difficile in alcuni centri. La nuova nota dell’EMA, invece, alla luce di nuovi dati propone di allungare i tempi di conservazione. Si tratta di una proposta di modifica che estenderebbe l’arco temporale, portandolo da 5 giorni ad un mese (31 giorni). Questo periodo di conservazione si riferisce al flaconcino scongelato non aperto a 2-8 ° C. 

Verso una svolta nella campagna di vaccinazione?

In questo modo si faciliterebbe non solo la conservazione, ma anche la manipolazione del vaccino Pfizer, con conseguente beneficio nella campagna vaccinale. Nella nota pubblicata da EMA sul proprio sito web si legge: “Le modifiche descritte saranno incluse nelle informazioni pubblicamente disponibili su  Comirnaty  e saranno implementate dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio nell’etichettatura del prodotto aggiornata“. Intanto si considera seriamente un ulteriore prolungamento per la somministrazione della seconda dose del vaccino Pfizer. Sulla base di autorevoli dati scientifici in via di pubblicazione ufficiale, infatti, si riterrebbe che dopo circa tre mesi dalla prima dose (12 settimane) si ha una risposta immunologica triplicata rispetto all’intervallo di 21 giorni attualmente previsto. La scoperta, rilevata soprattutto nei soggetti più anziani, potrebbe far cambiare le regole sui tempi di somministrazione della seconda dose.

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